– Qual è il pezzo che meglio riflette lo spirito di Giulio Papi?
Difficile dirlo perché a me piace il classico, il vintage ma anche il
moderno e il retro moderno. Mi piace prendere le soluzioni tecniche
esistenti aggiungendo piccole migliorie e mi piace rompere con le
tradizioni con soluzioni tecniche innovative. Potrei citare il modello
di Audemars Piguet tradition d’excellence n° 5, un modello retro moderno
con visuale tridimensionale e con un scappamento innovativo. Oppure, il
grande sonnerie sempre della AP, un vero laboratorio di micro
meccanica.
Sono molto fiero del successo dei modelli di Richard Mille che ha rotto
con la tradizione dell’alta gamma. Credo che ogni orologio che ho creato
ha qualcosa di diverso da raccontare.
– Qual è la più grande sfida che dovrà affrontare nei prossimi anni?
I grandi gruppi orologiai hanno investito grosse somme di denaro per la
progettazione e la fabbricazione interna di orologi complicati. Ciò
significa che avranno sempre meno bisogno di noi, non ha senso spendere
il doppio dei soldi. Per non licenziare dobbiamo mantenere il nostro
fatturato e quindi dobbiamo brevettare il più possibile. Infatti, se
siamo titolari esclusivi di diversi saper fare, i brand dovranno passare
da noi.
– Quando è nata la passione per gli orologi?
Nel 1980 quando iniziai la scuola tecnica ero l’unico studente di
orologeria in quella classe e per quattro anni ero al centro
dell’attenzione dei miei professori. Devo dire che a l’inizio non ero
così convinto di imparare quel mestiere, ma uno dei miei maestri,
Jean-Claude Nicolet, mi trasmise il virus del mestiere. Quel maestro
corrisponde al mastro orologiaio dell’immaginario collettivo, sapeva
fare tutto, dalla progettazione fino al l’orologio finito, cassa e
lancette incluse. Ho avuto molta fortuna nell’averlo come maestro, aveva
molto tempo per insegnarmi il mestiere.
Finii la scuola tecnica nel 1984 e naturalmente, dopo un tirocinio di
quel livello, avevo voglia di lavorare nei complicati e così andai a
lavorare dalla Audemars Piguet. Per 18 mesi feci dei scheletrici e
imparai tutti i segreti delle rifiniture e decorazioni, ma quando chiesi
alle risorse umane se potevo iniziare sui complicati, la risposta fu
molto lapidaria “forse, dopo vent’anni di esperienza”. La risposta era
identica in tutti gli altri marchi, quindi l’unica soluzione era di
farli noi stessi mettendoci in proprio. Nel febbraio 1986 io e il mio
compagno di banco, Dominique Renaud, decidemmo di lasciare AP e di
ritornare a La Chaux-de-Fonds e fondammo la Renaud & Papi.vedere di piu watches replicas e Tag Heuer Others
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