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2016年9月6日星期二

Le Nostre Interviste: Giulio Papi.

– Qual è il pezzo che meglio riflette lo spirito di Giulio Papi?
Difficile dirlo perché a me piace il classico, il vintage ma anche il moderno e il retro moderno. Mi piace prendere le soluzioni tecniche esistenti aggiungendo piccole migliorie e mi piace rompere con le tradizioni con soluzioni tecniche innovative. Potrei citare il modello di Audemars Piguet tradition d’excellence n° 5, un modello retro moderno con visuale tridimensionale e con un scappamento innovativo. Oppure, il grande sonnerie sempre della AP, un vero laboratorio di micro meccanica.
Sono molto fiero del successo dei modelli di Richard Mille che ha rotto con la tradizione dell’alta gamma. Credo che ogni orologio che ho creato ha qualcosa di diverso da raccontare.
– Qual è la più grande sfida che dovrà affrontare nei prossimi anni?
I grandi gruppi orologiai hanno investito grosse somme di denaro per la progettazione e la fabbricazione interna di orologi complicati. Ciò significa che avranno sempre meno bisogno di noi, non ha senso spendere il doppio dei soldi. Per non licenziare dobbiamo mantenere il nostro fatturato e quindi dobbiamo brevettare il più possibile. Infatti, se siamo titolari esclusivi di diversi saper fare, i brand dovranno passare da noi.
– Quando è nata la passione per gli orologi?
Nel 1980 quando iniziai la scuola tecnica ero l’unico studente di orologeria in quella classe e per quattro anni ero al centro dell’attenzione dei miei professori. Devo dire che a l’inizio non ero così convinto di imparare quel mestiere, ma uno dei miei maestri, Jean-Claude Nicolet, mi trasmise il virus del mestiere. Quel maestro corrisponde al mastro orologiaio dell’immaginario collettivo, sapeva fare tutto, dalla progettazione fino al l’orologio finito, cassa e lancette incluse. Ho avuto molta fortuna nell’averlo come maestro, aveva molto tempo per insegnarmi il mestiere.
Finii la scuola tecnica nel 1984 e naturalmente, dopo un tirocinio di quel livello, avevo voglia di lavorare nei complicati e così andai a lavorare dalla Audemars Piguet. Per 18 mesi feci dei scheletrici e imparai tutti i segreti delle rifiniture e decorazioni, ma quando chiesi alle risorse umane se potevo iniziare sui complicati, la risposta fu molto lapidaria “forse, dopo vent’anni di esperienza”. La risposta era identica in tutti gli altri marchi, quindi l’unica soluzione era di farli noi stessi mettendoci in proprio. Nel febbraio 1986 io e il mio compagno di banco, Dominique Renaud, decidemmo di lasciare AP e di ritornare a La Chaux-de-Fonds e fondammo la Renaud & Papi.vedere di piu watches replicas e Tag Heuer Others

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